Dall’idea all’edificazione dell’osservatorio
Tutto ebbe inizio non nel 2002, anno dell’inaugurazione ufficiale dell’osservatorio del Monte Galbiga, ma sette anni prima, da un’intuizione condivisa.
A quei tempi, in mancanza di un luogo operativo privilegiato, l'attività di osservazione del Gruppo Astrofili Lariani (GAL) si svolgeva in più località sul territorio della provincia di Como. I luoghi potevano variare a seconda della stagione, della disponibilità dei soci e delle particolari condizioni ambientali.
L'esigenza di dotarsi di un punto fisso di osservazione cresceva sempre più col tempo, fino al momento in cui le cose cominciarono, quasi casualmente, a prendere la giusta piega.
La svolta accadde quasi per caso, durante una serata osservativa organizzata dall’associazione alla villa del Balbianello. L’occasione era l'osservazione della pioggia di meteore delle Perseidi, purtroppo quella notte le stelle cadenti delusero le aspettative. A consolare i presenti restarono però la Luna, Giove e Saturno, osservati attraverso un telescopio C8. Fu allora che il sindaco, affascinato dalle visioni, chiese: “Dove sarebbe possibile ammirare questi bellezze in un modo ancora migliore?”. La risposta dei soci del GAL fu quasi scontata: “Sul Galbiga. È il luogo ideale: già oggi saliamo lassù per osservare il cielo”.
La scelta del luogo.
Sull'onda dell'entusiasmo, la prima idea del sindaco fu molto ambiziosa: collocare l’osservatorio direttamente sulla vetta del monte Galbiga, a 1600 metri. Un luogo certamente spettacolare ma poco adatto ad impiantare un punto di osservazione perchè troppo esposto ai venti e alle intemperie. Anche la possibilità di acquisire in zona un pezzo di terreno dall’allora gestore del vicino rifugio Venini venne scartata. Alla fine la scelta cadde su un sito particolare: l’ansa di una trincea risalente alla Prima Guerra Mondiale, posta sul crinale del monte Galbiga.
L’area dell’osservatorio: da trincea di guerra a trincea della cultura e della divulgazione.
L’osservatorio del Galbiga non sorge su un terreno qualsiasi, ma in un luogo intriso di memoria storica. Prima di diventare finestra sul cielo, quell’ansa di montagna fu parte integrante della cosiddetta Linea Cadorna, il sistema difensivo militare costruito durante la Prima Guerra Mondiale lungo le Prealpi.
Le tracce del passato sono ancora evidenti. L’attuale grotta che oggi ospita il generatore era un tempo un punto di osservazione: basta percorrerla per intero per giungere a una stretta apertura, una finestra di ispezione, che consentiva di scrutare la valle rimanendo coperti alla vista del nemico. Sul versante opposto si trovano invece due postazioni scavate nella roccia, un tempo destinate ad accogliere gli obici. Anche i prati, apparentemente uniformi, che si estendono sopra il vicino rifugio, nascondono in realtà un dedalo di gallerie e trincee, segni silenziosi di una stagione bellica che trasformò il Galbiga in un rilevante avamposto difensivo.
Quella che fu trincea di guerra, oggi è divenuta trincea della cultura. Dove un tempo riecheggiavano i rumori delle armi, ora regna il silenzio, interrotto soltanto dal fruscio del vento e dal sussurro degli strumenti astronomici. È come se il luogo avesse mutato vocazione: da presidio militare a presidio della conoscenza, da spazio di conflitto a spazio di condivisione.
Il Monte Galbiga, dunque, custodisce non soltanto un osservatorio astronomico, ma anche un frammento di storia che, intrecciandosi con la scienza, racconta una duplice eredità: quella della memoria e quella del futuro.
Il rapporto con gli alpini
La storia dell’osservatorio del Monte Galbiga non è soltanto una vicenda di progetti, permessi e controverse cupole di rame. È anche, e forse soprattutto, una storia di comunità. Tra i protagonisti di questa rete di sostegno ci furono gli alpini, custodi della montagna e testimoni di un forte senso di appartenenza al territorio.
Quando si trattò di costruire il muro a vista che avrebbe dato solidità e carattere alla struttura, furono proprio loro a offrirsi. Con competenza e spirito di servizio, realizzarono l’opera gratuitamente, donando tempo, energie e abilità manuali. Quel muro, ancora oggi, non è solo un elemento architettonico: è un segno tangibile della generosità alpina, inciso nella pietra e nella memoria di chi vi ha lavorato.
In cambio, l’associazione GAL decise di ricambiare con ciò che sapeva fare meglio: condividere il cielo. Nella prima settimana di agosto, in occasione della tradizionale festa degli alpini, i soci dell’osservatorio organizzarono per molti anni serate osservative aperte al pubblico.
Quella collaborazione non fu soltanto un aiuto pratico, ma il simbolo di un legame profondo tra l’osservatorio e la comunità alpina. Insieme, gli uni con le mani, gli altri con gli occhi rivolti al cielo, trasformarono un progetto architettonico in un’opera collettiva, radicata nella montagna e nella sua gente.
Gli aneddoti curiosi legati alla costruzione
All’inizio degli anni Duemila, le strade che conducevano al cantiere della costruzione dell'osservatorio non erano certo comode come oggi. Sterrate, strette e scoscese, erano quindi ben lontane dall’essere asfaltate. Portarvi una cupola metallica non era un’impresa da poco. Eppure il signor Gabbato, costruttore materiale della cupola, non si lasciò scoraggiare: con il suo furgone Ducato affrontò la salita, tra polvere e buche, riuscendo a portare a destinazione il prezioso carico.
Un aneddoto riportato da chi quella stagione l'ha vissuta dice che, durante il montaggio, i rivetti di fissaggio delle parti della cupola ad un certo punto finirono. A quel punto Gabbato, con disarmante naturalezza, annunciò che sarebbe sceso fino a Padova per recuperarne altri. Gli astanti, increduli, pensavano stesse scherzando: eppure la sua determinazione fu tale da rendere plausibile anche l’impossibile.
Non meno memorabile fu l’impresa dell’allora presidente del GAL, incaricato di acquistare e trasportare il tubo destinato a contenere il plinto della struttura. L’oggetto misurava ben cinque metri di lunghezza, e l’unico mezzo disponibile era una piccola Suzuki Jimmy. Con ingegno e un pizzico di incoscienza, il tubo fu sistemato sul tetto dell’auto e trasportato verso il Galbiga tra la sorpresa e la curiosità della gente per strada, compresa una pattuglia della polizia locale, opportunamente "dribblata" per evitare di dover giustificare quel trasporto più che eccezionale, di certo poco conforme ai crismi del codice della strada.
Le attrezzature originali
La storia della strumentazione dell’osservatorio del Monte Galbiga inizia ancor prima della sua inaugurazione ufficiale, ed è fatta di passione, generosità e sacrifici. Le prime risorse per l’acquisto della montatura arrivarono al GAL dai diritti d’autore di due libri di astronomia, pubblicati per De Vecchi Editore: un dettaglio che dice molto sull’impegno personale e sul desiderio di trasformare le parole stampate in strumenti concreti per osservare il cielo.
Acquistata la montatura e giunta questa a destinazione, ci si rese conto che serviva un adattamento importante: il plinto dell’osservatorio, lo zoccolo portante su cui fissare la strumentazione, fu infatti realizzato scentrato rispetto al centro della cupola, per adattarsi alla forcella. Tecnicamente, il plinto era stato gettato in cemento sopra un blocco di roccia spianato e accuratamente isolato dal pavimento della struttura, così da evitare vibrazioni durante le osservazioni.
Nonostante le precauzioni, la forcella del telescopio si rivelò poco soddisfacente e, intorno al 2010, venne modificata per cercare maggiore stabilità e precisione.
Le decisioni sull’acquisto della strumentazione furono sempre segnate da un fattore inevitabile: la povertà cronica dell’associazione, che viveva dei contributi dei soci e dei proventi delle serate pubbliche. Le risorse erano limitate e ogni scelta richiedeva compromessi.
Fu così che si arrivò al contatto con il signor Mariotti, della ditta 10 Micron. Con grande disponibilità, egli offrì all’associazione di testare una montatura in fase di prototipo – la futura montatura 4000 – dando anche la possibilità di pagarla con calma. Per anni questa montatura rimase installata sul plinto scentrato: durante l’inverno la struttura restava al suo posto, mentre le ottiche e gli accessori venivano riportati a valle per proteggerli dal gelo.
Un ambiente difficile
Col tempo, anche la montatura iniziò a dare segni di cedimento. Portata a valle per una revisione, Mariotti stesso rimase sorpreso nel constatare la presenza di “fioriture” di ruggine sull’acciaio: un effetto diretto dell’umidità che da sempre caratterizza l’ambiente dell’osservatorio. Si decise così di non reinstallarla, optando per una montatura più piccola abbinata a un telescopio C14, che veniva smontata e trasportata a valle ogni inverno.
Non tutti furono d’accordo con questa scelta: alcuni avrebbero preferito mantenere una struttura più imponente e stabile. Ma prevalse quindi l'opportunità di utilizzare una montatura “mobile”, che potesse essere salvaguardata dagli agenti atmosferici.
L’umidità, purtroppo, resta ancora oggi un problema strutturale dell’osservatorio. Le montature, se lasciate tutto l’anno in loco, rischiano infatti danni permanenti. Nel tempo si è tentato di migliorare l’isolamento e più volte l’interno è stato riverniciato, ma le difficoltà economiche hanno sempre impedito interventi più radicali. Anche il pavimento, mai realmente isolato né piastrellato, continua a portare con sé polvere e umidità.
Così l’osservatorio del Galbiga ha vissuto e vive in equilibrio tra pregi e difetti: da un lato una posizione astronomica incredibile per qualità del cielo notturno; dall’altro le limitazioni e le fragilità di una struttura che porta incisi i segni delle sue origini difficili.
Le personalità legate all’osservatorio
La vicenda dell’osservatorio del Monte Galbiga non si può raccontare senza ricordare i volti e i nomi di coloro che, in tempi e modi diversi, hanno contribuito alla sua realizzazione e alla sua crescita. Non furono soltanto tecnici e appassionati di astronomia: ognuno portò un tassello fondamentale, che fosse un’idea, un’azione concreta o una visione culturale.
Alberto Latini, lo sguardo verso gli asteroidi.
Tra i primi va ricordato Alberto Latini, socio storico originario di Pigra e tra i fondatori dell’associazione. Le sue ricerche si sono concentrate sugli asteroidi, sulle stelle cadenti e sulle stelle binarie, settori nei quali intrattenne stretti rapporti con l’osservatorio svizzero di Mendrisio. Con la sua passione e dedizione, Latini contribuì a legare l’esperienza locale a un più ampio contesto internazionale.
Corrado Lamberti, il nome che resta.
Altro nome indissolubilmente legato all’osservatorio è quello di Corrado Lamberti, astrofisico e divulgatore. Presenziò all’inaugurazione del 2002, anche se in seguito non frequentò regolarmente la struttura. Alla sua morte, l’osservatorio del Monte Galbiga fu intitolato a lui, diventando così ufficialmente l’Osservatorio Corrado Lamberti. Un gesto che non fu soltanto formale: in lui si riconosceva infatti il catalizzatore originario dell’idea, colui che, con la sua autorevolezza nel campo delle discipline scientifiche, aveva saputo dare una concreta credibilità al progetto.
Anna Sacerdoti, la forza della divulgazione.
Forse la figura più significativa, almeno sul piano della visione culturale, fu quella di Anna Sacerdoti, fondatrice degli Astrofili Lariani. Prima ancora della realizzazione dell'osservatorio, la sua prospettiva era chiara: non creare un luogo esclusivamente votato alla ricerca o alla pubblicazione di risultati scientifici, bensì uno spazio capace di trasmettere al grande pubblico la meraviglia del cielo.
Fu lei a dare vita alla rivista L’Astronomia, realizzata con la collaborazione del giovane Corrado Lamberti e di Zelda Madle, editrice comasca della Rosenberg.
In quegli anni, la scena editoriale astronomica era vivace: a livello mondiale esistevano soltanto due grandi riviste divulgative – Sky & Telescope e Astronomy – mentre in Italia se ne contavano addirittura sei: Astronomia, Astronomia UAI, Le Stelle, Cielo, Orione e Astronomia 2000. In questo contesto, Sacerdoti riuscì a ritagliarsi uno spazio significativo, contribuendo alla crescita della cultura astronomica italiana.
La storia personale di Anna è essa stessa un racconto di resilienza e passione. Ebrea, durante la Seconda Guerra Mondiale fu costretta a interrompere gli studi prima ancora di concludere le scuole medie. Tornata a Como, sposò Rosenberg, proprietario della libreria Mentana, punto di riferimento culturale dove si potevano trovare anche preziose riviste di astronomia, molto amate dagli studenti. Dopo la morte del marito, Anna non smise di coltivare il desiderio di conoscenza: andata in pensione, conseguì da privatista il diploma di scuola media e, in età avanzata, si iscrisse addirittura all’università, frequentandola per alcuni anni.
La sua vita testimonia un insegnamento profondo: la curiosità e la passione per la conoscenza non hanno età né confini e che la divulgazione può diventare una forma di riscatto e di libertà.
La nuova gestione dell’osservatorio
Con il tempo, l’eredità degli Astrofili Lariani è passata nelle mani di una nuova realtà: l’associazione culturale PhysicalPub. Nata con l’idea di raccontare le meraviglie dell’universo in contesti diversi – dai prati d’estate ai bar di provincia, dalle scuole alle biblioteche. PhysicalPub ha accolto con entusiasmo la possibilità di gestire l’osservatorio del Monte Galbiga dopo che il GAL ha concentrato le proprie risorse umane e economiche in progetti che non prevedevano più l'utilizzo dell'osservatorio Lamberti, ampliando così le proprie possibilità e rafforzando la propria missione divulgativa.
Gestire un osservatorio, tuttavia, non è solo un privilegio: significa anche farsi carico degli oneri pratici e tecnici che la struttura comporta. L’osservatorio resta un punto di osservazione unico per la provincia di Como, ma non privo di difficoltà. Il primo nemico è l’inquinamento luminoso: il cielo di vent’anni fa non esiste più. Alle luci del rifugio, oggi arricchito di luminarie, si aggiungono quelle della pianura, in particolare i fasci provenienti dall’aeroporto di Malpensa, che rimangono accesi tutta la notte e impediscono la visione di intere costellazioni come la Vergine e lo Scorpione. Per questo, PhysicalPub sta promuovendo un dialogo con la gestione del vicino rifugio Venini e con l'Amministrazione del comune di Tremezzina dove insiste la struttura, nella speranza di limitare le luci almeno durante le serate osservative.
Oltre all’inquinamento luminoso, anche il fattore meteorologico rende il Galbiga un luogo unico e, al tempo stesso, complicato. L’osservatorio si trova infatti alla confluenza di tre bacini lacustri: il Lago di Como di fronte e alle spalle e il Lago di Lugano sull’altro versante. Il risultato è un microclima instabile, dove i temporali possono esplodere improvvisamente e rendere impossibile ogni previsione affidabile.
La posizione dominante rende inoltre la struttura particolarmente esposta ai fulmini. Più volte la cupola è stata colpita, ma la sua natura di gabbia di Faraday l’ha protetta da danni gravi. Oggi la situazione è più sicura rispetto al passato: da quando il cardinale Carlo Maria Martini fece erigere una grande croce di ferro sulla cima vicina del Monte Galbiga, questa funge da parafulmine naturale, riducendo il rischio per l’osservatorio.
La prospettiva della remotizzazione
Guardando al futuro, PhysicalPub ha un sogno chiaro: la remotizzazione dell’osservatorio. Rendere la struttura accessibile e controllabile a distanza permetterebbe a studenti, ricercatori e appassionati di collegarsi da qualsiasi luogo e utilizzare i telescopi via Internet. Ciò richiede l’automazione della cupola, il controllo remoto del telescopio, la gestione da remoto degli strumenti e una connessione stabile alla rete.
Le sfide sono molteplici – economiche, tecniche e logistiche – ma l’entusiasmo dei soci di PhysicalPub è pronto a sostenerle. Se un tempo il Galbiga fu trincea di guerra, oggi continua a essere trincea di cultura e la remotizzazione potrebbe aprirgli una nuova stagione, proiettandolo definitivamente oltre le proprie dimensioni locali.
Documenti storici
Di seguito alcuni dei documenti storici dell’epoca relativi ad incontri ed articoli che siamo riusciti a raccogliere grazie al contributo del comune di Tremezzina