18 SEGMENTI AL RE DEI TELESCOPI

Uno degli aspetti più affascinanti dell’astronomia è probabilmente quello dello spazio- tempo: per niente banale e per niente scontato. È pazzesco pensare che tutte le volte che guardiamo lontano nell’universo, stiamo anche guardando indietro nel tempo. Uno dei magici strumenti che ci permette di fare tutto questo è proprio il James Webb Space Telescope, ideato e progettato per osservare a oltre 13 miliardi di anni luce da noi.

Per farlo, tra le tante cose, ha bisogno di uno specchio grande. Molto grande. Così tanto da essere quasi 3 volte più grande di quello dell’Hubble Space Telescope e da detenere il record del “telescopio con lo specchio più grande che sia mai stato lanciato nello spazio”.

Perchè farlo così grande?

Il motivo è dato da una legge dell’ottica secondo la quale più è grande lo specchio, migliore è la risoluzione dell’immagine. Lo scopo degli specchi dei telescopi, infatti, è quello di raccogliere la luce e indirizzare, dopo una serie di riflessioni, verso un detector (una sorta di fotocamera per intenderci). Più luce viene raccolta dallo specchio, più l’immagine appare nitida e ricca di dettagli.

Il lancio è avvenuto lo scorso dicembre a bordo del lanciatore Ariane 5, dal complesso di lancio sito nella Guiana francese. Capite bene che caricare un telescopio con uno specchio di ben 6.5 m non sia stato poi così semplice!

Per risolvere il problema “ingombro”, la soluzione è stata quella di produrre un telescopio con uno specchio primario fatto di 18 segmenti esagonali con una lunghezza, da un lato all’altro dell’esagono, di 1.32 m e con una struttura pieghevole, come una delle sdraio che usiamo in spiaggia. La struttura esagonale ha un elevato fattore di impacchettamento, ciò significa che è possibile affiancare più segmenti senza lasciare spazi vuoti tra uno e l’altro. 

Grazie a questa configurazione, lo specchio primario appare nel complesso all’incirca circolare e questo è molto importante in quanto la luce viene focalizzata in una zona compatta sul detector. Se così non fosse (perché per esempio lo specchio è ovale e non circolare), le immagini ottenute apparirebbero allungate in una direzione!

Vi sarete resi conto che anche se si parla di “specchio primario” questo in realtà è fatto di tanti “piccoli” pezzi. Tutte queste parti (ovvero i segmenti) sono in grado di funzionare come se fossero un unico grande specchio al fine di esplicitare tutta la potenza di focus del telescopio, puntando a galassie molto molto lontane. Per farlo è necessario che i segmenti siano tra loro perfettamente allineati e per questo motivo, dietro ogni specchio sono presenti ben sei attuatori che permettono di movimentare e orientare ogni singolo segmento. Sì, avete capito bene!

Secondo Lee Feinberg, Manager del Webb Optical Telescope Element della NASA Goddard, allineare i segmenti dello specchio primario in modo tale che possano operare come se fossero un singolo grande specchio, significa allineare ogni segmento con una precisione pari a 1/10000 dello spessore di un capello umano. Sempre secondo Feinberg, “ingegneri e scienziati hanno inventato il metodo di eseguire un allineamento di questo tipo lavorando proprio sul JWST”. Incredibile!

Ma non è finita qui. 

Gli specchi del JWST non sono per niente vicini a quelli che ognuno di noi possiede a casa: non solo per il particolare rivestimento dorato, ma anche per il materiale presente al di sotto di esso. Ogni segmento infatti è stato realizzato in berillio, il metallo che nella Tavola Periodica degli Elementi ha numero atomico pari a 4. 

Perché proprio il berillio?

Questo metallo oltre ad avere un elevato rapporto rigidezza- massa , ha anche un coefficiente di espansione termica molto piccolo, inferiore a 0.1 ppm/K. Nella pratica significa che il berillio è resistente, molto leggero (circa 4 volte più leggero dell’acciaio) ed è anche in grado di allungarsi/contrarsi relativamente poco al variare della temperatura. In particolare, il JWST nello spazio è sottoposto a temperature criogeniche, cioè intorno a -220°C, per cui i parametri definiti prima vanno riferiti a tali temperature.

La Brush Wellman si è occupata della produzione dei segmenti massivi via hot isostatic pressing, ovvero una tecnica che permette di ottenere un manufatto a partire dalle polveri del materiale in questione. Tali polveri vengono pressate e riscaldate al fine di far coalescere i granelli e ottenere dunque un oggetto. Gli esagoni massivi così ottenuti sono stati sottoposti prima ad un controllo ai raggi X per escludere la presenza di difetti e successivamente a operazioni di alleggerimento. In quest’ultimo passaggio i 18 segmenti sono stati “scavati” dagli operatori di Axsys Technologies che hanno rimosso circa il 92% della massa iniziale del segmento, ottenendo la struttura che si può osservare di seguito.

I segmenti- prima di arrivare presso la sede NASA Goddard Space Flight Center nel Maryland per essere assemblati al resto della struttura- sono stati accuratamente ispezionati, lucidati, testati, rivestiti, testati, testati e testati.

La costruzione di questo formidabile telescopio ha avuto inizio nel 2004. Il primo specchio è arrivato nel Maryland solo nel 2012 per essere installato nel 2015, mentre l’ultimo segmento è stato installato ben un anno dopo. Il lift- off è invece avvenuto giusto nel 2021.

Ci sarebbero tantissime altre cose da dire su questo capolavoro dell’ingegneria, ma per il momento è tutto.

FONTI: JWST- NASA, Media INAF

Image and video credits: NASA, MSFC, ESA

Francesca Caltagirone

Dopo aver studiato ingegneria meccanica al Politecnico di Torino, la curiosità per come siano fatti gli oggetti mi ha spinto a specializzarmi in ingegneria dei materiali.
Appassionata di moto, spazio e sostenibilità ambientale.
Diversi divulgatori, incluso il mio professore di fisica del liceo, mi hanno fatto innamorare della scienza: un mondo meraviglioso fatto di formule e magia.
Eccomi qui a tentare di farlo conoscere agli altri.

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